Il nuovo D.lgs
241/00 introduce il controllo della radioattività naturale negli
ambienti di lavoro sotterranei. Alla luce di tale decreto, è nato il
proposito di presentare la problematica radon, le misure di protezione
dettate dalla normativa vigente e i metodi di rilevazione oggi
disponibili. La radioattività naturale può essere considerata la
sorgente principale cui l’uomo e normalmente esposto. Le radiazioni
naturali sono da sempre presenti nell’ambiente terrestre, poiché il nostro
pianeta è composto da elementi costituiti in parte da nuclei instabili.
Questi sono destinati a trasformarsi nel tempo in nuclei stabili e, in
questo processo di decadimento, vengono emesse le radiazioni. Gli
elementi radioattivi sono presenti ovunque: nelle rocce, nel terreno, nei
materiali edili, nell’aria, nell’acqua che consumiamo. L’Italia è uno dei
paesi in cui è più spiccata la variabilità della radioattività naturale a
causa della differenza della composizione del sottosuolo. La dose media
annuale assorbita dall’uomo a causa della radioattività naturale è il 70%
del contributo totale della radioattività dovuta anche ad attività
umane. Dalle rocce del sottosuolo vengono emessi, in particolare, due
isotopi radioattivi sotto forma di gas nobili, il radon (Rn-222) e il
thoron (Rn-220). I livelli di radioattività che si rilevano in aria
all’interno degli edifici sono dovuti, inoltre, all’emanazione proveniente
da rocce e falde acquifere del sottosuolo su cui l’edificio è costruito.
Per la loro natura gassosa e per il tempo di dimezzamento sufficientemente
lungo, questi gas possono allontanarsi dal luogo in cui sono stati
originati, migrare nel suolo e concentrarsi negli ambienti chiusi,
entrando nelle case attraverso microfessure esistenti nelle fondamenta. Un
altro possibile contributo proviene dalle acque sotterranee che, durante
il loro percorso, si arricchiscono di radon e thoron trasportandoli
attraverso gli acquedotti fino ai bagni e alle cucine degli edifici. Tali
gas emessi nell’aria che respiriamo e negli ambienti chiusi o con scarsa
ventilazione, possono accumularsi e causare un aumento dei livelli di
radioattività con conseguenti possibili rischi per la salute
dell’uomo. L’inalazione del gas radon è meno rischiosa di quella dei
relativi prodotti di decadimento, infatti le sue caratteristiche
chimico-fisiche (gas nobile) impediscono che permanga nell’apparato
respiratorio, rendendolo invece solubile nei liquidi organici che si
diffondono nell’organismo. I prodotti di decadimento del radon hanno
vita media breve. Sono generati come ioni liberi e tendono a depositarsi
sulle particelle sospese in aria, passando rapidamente allo stato di
nuclei aggregati. Inalati, si depositano facilmente sulle pareti
dell’albero respiratorio emettendo particelle radioattive secondo la
catena di decadimento. La ritenzione dei vari radionuclidi e la dose
dipendono, oltre che dalle proprietà chimico-fisiche dell’elemento, anche
dall’anatomia e fisiologia dell’apparato respiratorio (età del soggetto e
intensità media di respirazione). Con i rispettivi prodotti di
decadimento, il radon è considerato il maggior responsabile della dose
interna rilasciata ad alcuni tessuti dell’organismo umano e in
particolare, ai polmoni. Dopo il fumo è, infatti, il maggior
responsabile di tumore polmonare. Per quanto riguarda gli ambienti di
lavoro, dal 1 gennaio 2001 è in vigore il Decreto
Legislativo 26 maggio 2000, n. 241 “attuazione della direttiva
96/29/Euratom in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei
lavoratori contro i rischi derivanti da radiazioni ionizzanti”. La
novità di maggior rilievo di questo decreto, che integra il D.Lgs.
230/95, è l’introduzione del controllo della radioattività naturale
negli ambienti di lavoro sotterranei. Il decreto, infatti, considera
“attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente,
persone del pubblico sono esposte a prodotti di decadimento del radon o
del thoron o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in particolari
luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e comunque,
tutti i luoghi di lavoro sotterranei”; In tali luoghi di lavoro
“l’esercente, entro 24 mesi dall’inizio dell’attività” procede alla
misurazione delle concentrazioni di attività di radon medie in un
anno. L’entrata in vigore di questo decreto comporta, inoltre,
l’integrazione della valutazione dei rischi effettuata ai sensi del D.lgs
626/94 e successive modifiche ed integrazioni, con la stima del
rischio di esposizione al radon.
La valutazione della dose richiede
l’uso di appropriate grandezze metrologiche e dosimetriche che possono
caratterizzare la sorgente gassosa. Si parla di:
Inalazione;
Permanenza dei radionuclidi inalati dell’apparato
respiratorio;
Irraggiamento dei tessuti polmonari.
La misura
diretta della concentrazione dei prodotti di decadimento del radon è
complessa; poiché la valutazione della concentrazione del solo radon è più
semplice e poiché esiste una corrispondenza tra il gas nobile e i sui
prodotti di decadimento, si preferisce fare riferimento al radon stesso
espresso in Bp/mc, ossia, il numero di disintegrazioni per secondo per
ogni metro cubo d’aria. Con appropriati coefficienti di conversione è
possibile trasformare la concentrazione del radon presenti nell’aria
inalata in Equivalente di Dose Efficace.
Gli studi e le
ricerche sul radon vengono effettuati con l’impiego di vari metodi di
misura che vengono selezionati nel modo più appropriato agli obbiettivi da
raggiungere. La strumentazione e i metodi di misura del radono possono
essere catalogati in relazione alle modalità di campionamento e al tipo di
misura:
Istantanei;
Continui;
A
integrazione.
La prima tipologia di misurazione si basa sul
campionamento istantaneo di una quantità d’aria prelevata dall’ambiente
oggetto della misura, e introdotta in speciali camere, parte integrante
degli strumenti di misura. I metodi a monitoraggio continuo effettuano,
generalmente in modo automatico, simultaneamente il campionamento e la
misura, questi metodi consentono di determinare numerosi parametri
caratterizzanti l’atmosfera inalata e per questo motivo, sono
principalmente impiegati per la caratterizzazione delle sorgenti di radon
all’interno degli edifici, per la diagnostica e per la sperimentazione e
valutazione di eventuali azioni di rimedio. I
metodi ad integrazione si basano sulla misura integrata nel tempo
dell’attività presente nell’ambiente di misura. La grandezza fisica che
viene misurata è l’esposizione da radon. Le caratteristiche principali dei
diversi rilevatori sono basate sulla sensibilità minima e massima del
rilevatore e sulle diverse procedure operative che sono necessarie per
eseguire il conteggio delle particelle alfa presenti sul rilevatore. Il
rilevatore viene posizionato negli ambienti di misura per un tempo
dipendente dalla sua sensibilità (da 3 a 120 giorni) e successivamente con
un opportuno trattamento viene misurato. Questa tecnica di misura consente
di effettuare un grosso numero di campionamenti ad un basso
costo.
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